lunedì 23 aprile 2012

"To Rome with Love" o "In Love with Rome"?

Amo il cinema. mi piace sedermi e lasciare che un regista mi racconti una storia. Ci sono storie tristi, allegre, lente, frenetiche, vere... insomma tanti racconti diversi ma con un denominatore comune: ognuno ha qualcosa da dirci. Quindi quando si entra in un cinema è bene portarsi dietro la "voglia di ascoltare".
Ieri mi son seduto in un piccolo cinema del mio paese e ho visto l'ultimo lavoro di Woody Allen "To Rome with Love" e sui titoli di coda mi è venuta una voglia improvvisa di passeggiare per Roma, forse il film si sarebbe dovuto chiamare "In Love with Rome" dato che il regista regala degli scorci della capitale italiana davvero unici, con una fotografia perfetta dove anche un temporale diventa un valore aggiunto. Dopo aver portato nelle sale cinematografiche la bellezza di Parigi con "Midnight in Paris" questa volta Allen gioca in casa nostra e lo fa con grande maestria: può piacere o no, ma lui il cinema lo sa fare.
E così con ironia, esasperazione, sconfinando spesso nel surreale, ci racconta 4 storie che in qualche modo sono collegate ad ognuno di noi. Attori hollywoodiani e italiani si mischiano e ci emozionano sullo sfondo di una delle città più belle d'Italia. 
Non voglio recensire il film! Odio leggere una recensione prima di andare al cinema e non vorrei essere io l'artefice di ciò! Perciò mi fermo qui, qualche aggettivo sulla sceneggiatura, sulla location e sulla regia credo siano sufficienti, il resto fatevelo raccontare, se volete, da Woody Allen.
Se consiglio questo film? No, per lo meno "non a tutti". Ho deciso di non dispensare consigli su film come questo (cioè "non per tutti"), almeno in pubblico, dopo aver suggerito "Into The Wild" che è stato definito "inguardabile" (quando per me è un capolavoro) ho capito che ognuno di noi ha una propria visione e non me la sento di imporre la mia.
Ma se vi piace Woody Allen non perdetevelo anche se non è il suo miglior film e se la sua visione dell'Italia è un po' "vetusta".

lunedì 16 aprile 2012

La maratona di Parigi... DOPO.

15 Aprile 2012, ore 23.08 sono nel letto con l'Ipad e tanta voglia di condividere un'emozione ma senza la forza per farlo, la maratona e il viaggio si fanno sentire. Mi riposo.

16 Aprile 2012, ore 13.30 Qualche scricchiolio alle articolazioni delle ginocchia e un piacevole dolore muscolare mi accompagnano mentre scrivo. Oggi sto bene. Quando fai una cosa ad alto impatto emotivo per la prima volta stai certo che ti rimarrà per sempre nel cuore, ma non pensavo che anche la seconda maratona mi avrebbe dato tante emozioni. Ieri mattina a Parigi c'era tutto il mondo, gente di tutte le razze che correva con un obbiettivo comune: arrivare in fondo ai 42km e 195m.
Il passo della maratona ti permette di non andare in affanno e goderti tutto ciò che accade, a differenza di una 10km per esempio dove si pensa solo al traguardo e non si ha tempo per accorgersi del paesaggio e delle persone. A Parigi guardavo tutti e ho capito quanto può essere importante una maratona. Persone che correvano spingendo su un passeggino il proprio figlio, chi correva per la moglie scrivendolo chiaramente sulla maglietta, chi aveva perso da poco un genitore e correva per lui, ho visto cechi, persone in carrozzella e gente che correva con gli occhi gonfi di lacrime. Correndo di fianco a loro si respiravano le loro emozioni. E poi tanta gente che tifava per noi estranei: sentire il mio nome con l'accento sulla "O" finale è stato davvero divertente (stamparlo sulla maglia è stata una buona idea!). 
Io non ho corso questa volta guardando il tempo, piuttosto me la sono goduta guardando tutto e tutti, sfiorando la mano dei tifosi e rispondendo alle grida di incitamento. Fino al 38esimo km ho corso a fianco del mio amico Merex; per lui era la prima maratona e sapendo cosa gli aspettava ho fatto più strada possibile al suo fianco. Negli ultimi quattro km però ho respirato l'odore del traguardo perciò ho deciso di utilizzare tutte le energie che avevo messo da parte andando un po' più lento di come avrei voluto. Così ho allungato il passo a 4'40" al km superando in classifica circa 700 persone. Mentre scattavo vedevo persone che cedevano camminando, allora davo loro una pacca sulla spalla e gridavo "Come on! Come On!", anche se si corre soli c'è un grande senso di appartenenza in una gara come questa. Ma al 40 km ho visto una cosa che mi ha scioccato: una donna, sui 40 credo, che pur di non fermarsi aveva evacuato strada facendo. Più che disgusto ho provato pena, ho pensato quanto fosse importante per lei questa maratona. Poi l'ho sorpassata anche perché lasciava una scia poco gradevole ;-)
All'arrivo non ho trovato né moglie ne amici, c'erano 50.000 persone, sarebbe stato difficile trovarli. Perciò mi sono armato di forza di volontà e ho camminato per altri 3km affrontando il vento gelido fino all'albergo dove sono riuscito a chiamarli.
Voglio quindi ringraziare Parigi e tutti i suoi monumenti che mi hanno accompagnato durante il lungo percorso, ringrazio i miei amici che sono venuti a tifare per me, mia moglie e tutti quelli che come me, con un pettorale numerato hanno corso per "vincere con sé stessi".



venerdì 13 aprile 2012

"L'arte di correre"

Ci siamo! domani si parte per Parigi e domenica mattina correrò la "Paris Marathon 2012". 
Cosa provo? In questo momento tanta ansia: sono agitato perché non so se quel giorno sarò in forma, se riuscirò ad evacuare prima della partenza, insomma se riuscirò a terminare 42km e 195m di corsa per provare quell'emozione senza eguali che solo chi ha terminato una maratona conosce.
Eppure l'ho scelto io di iscrivermi all'evento, di spendere dei soldi, di partire. Praticamente ho comprato l'ansia. Mi sento stupido. Poi, magicamente guardo verso la mia libreria e "quel libro" cattura la mia attenzione. L'ho già letto, ma questo non mi ha impedito di prenderlo e di sfogliarlo ancora. Ecco che trovo una parte che avevo sottolineato, la rileggo ...e l'ansia improvvisamente sparisce lasciando solo posto all'emozione:

"...se qualcuno ci considera dei pazzi o degli squilibrati, da un certo punto di vista e comprensibile. Di conseguenza, anche se non si puo dire che esista fra noi un legame tanto nobile come la solidarieta, siamo accomunati da un caloroso senso di appartenenza, simile ai pallidi toni della bruma che indugia sulle cime nella tarda primavera. Naturalmente, trattandosi di una gara, l'essenziale è vincere o perdere, ma per la maggior parte di noi partecipanti, piu che la vittoria o la sconfitta, credo che riconoscere quel senso di appartenenza, la forma e il colore di quella bruma, abbia un significato molto piu grande, un significato rituale."  L'ARTE DI CORRERE  H.Murakami